Lippo Memmi, « Madonna col Bambino con a lati l’Arcangelo Michele e San Giovanni Battista »

Lippo Memmi (Sienne, 1291 – 1356) ou Memmo di Filippuccio

Madonna col Bambino con a lati l’Arcangelo Michele e San Giovanni Battista, avant 1317.

Fresque (fragment), 310 x 250 cm.

Inscriptions :

  • (sur le phylactère de la figure de Jean Baptiste, lui-même hors-champ de l’image) : « ECCE AGNUS DEI »

Provenance : In situ.

San Gimignano, Église de Sant’Agostino.

C’est au-dessus de l’autel de style baroque devant lequel nous nous trouvons qu’était installé initialement le retable de Piero del Pollaiolo qui trône dorénavant au-dessus du maître autel. Malheureusement, les fresques peintes par Lippo Memmi au XIVe siècle, qui se trouvaient sur la paroi de l’église contre laquelle a été construit l’autel baroque, sont irrémédiablement perdues. On ne devine plus qu’une figure de la Madeleine, une jeune martyre vêtue à l’antique et une sainte Marguerite (ou peut-être une sainte Verdiana ?).

Il subsiste, sur les deux parois de l’église, plusieurs fragments de cycles de fresques qui couvraient initialement l’ensemble des murs. Ces vestiges ont été insérés dans deux autels d’un style baroque quelque peu anachronique mais il nous faut considérer que cette intervention a probablement permis à ces fragments de parvenir jusqu’à nous. Le second autel de même type est situé en face, sur la paroi de droite.

Nel 1962, sotto la direzione di Carli E. fu rimossa la ridipintura, l’atribuzione è stata messa in dubbio solo da Graham e Derbishire, che pensavano fosse opera di un seguace di Memmo di Filippuccio, e recentemente da Caleca, che ha proposto di riconoscere in quest’affresco e in quelli della Collegiata ad esso collegati, la fase estrema di Memmo di Filippucci stesso; Van Marle per primo considerò l’opera più antica di Lippo Memmi, anteriore alla Maestà di Palazzo Pubblico di San Gimignano (1937); Carli pubblicando l’opera dopo l’asportazione della ridipintura, ha messo in relazione a questa gli affreschi di S. Fina e S. Caterina di Alessandria sui pilastri adiacenti alla controfacciata della Collegiata e seguendo Van marle nella datazione ha potuto ricostruire l’attività del pittore; in seguito solo la Bennet ha messo in dubbio questa datazione, considerando il dipinto posteriore al 1337; soltanto la collocazione cronologica in anticipo nella Maestà può giustificare l’attribuzione a Lippo Memmi, la solenne frontalità dell’arcangelo o il trono marmoreo che (con la sua evidenza ogettuale, colonnette tortili e architrave con mensole in scorcio) punta ancora sulla cultura assisiate delle Storie di S. Francesco della Basilica superiore ed è meno evoluto in senso gotico della Maestà di Palazzo Pubblico, giustificano una datazione al 1317; l’affresco fu decurtato sui lati nel 1781, quando si costruiscono gli altari della Madonna delle Grazie e quello simmetrico dedicato a S. Caterina da Siena e probabilmente in quella occasione fu ricoperto dallo scialbo; infatti nel 1841 il pittore tedesco Johann Anton Ramboux, come egli stesso dichiara, asportò l’imbiancatura riportando alla luce le parti supersiti dell’affresco, dalle quali trasse un disegno. Identificando tavolta, a mio parere a torto, con un dipinto di Lippi Memmi che Giorgio Vasari ricorda nella chiesa di S. Agostino: “..lavorò da per sè un tavola a tempera a’ frati di S. Agostino in S. Gimignano..”. Esso era ancora visibile alla fine del Settecento; non sembra infatti da condividere l’ipotesi di Irene Hueck basata sulla supposizione che l’altare della Madonna fosse stato costruito nel 1524, scialbato fin dal Cinquecento e che la menzione che ne fa Coppi, sia puramente letterale, e derivata da Vasari. L’annalista sangimignanese conosceva il passo vasariano e lo parefrasava, ma con una significativa correzione:”..è in questa chiesa una tavola lavorata a fresco da Lippo Memmi..”, correzione che solo dopo la visione diretta dell’affresco poteva permettere. Fu completamente ridipinto nel 1844 da Antonio Marini.