Farinata degli Uberti

Manente degli Uberti, dit Farinata degli Uberti (…, 1212 – …, 1264) : membre d’une ancienne famille gibeline florentine et l’un des chefs de cette même faction, « personnage d’excellence à Florence au XIIIe siècle » [1]Luca AZZETTA, « Inferno canto X. Politica e poesia tra le arche degli eretici, » dans Enrico MALATO et Andrea MAZZUCCHI (dir.), Lectura Dantis Romana, Cento canti per cento anni, I. Inferno, 1. Canti I-XVII, Rome, Salerno ed., 2013, pp. 311-342.. Dans l’Enfer, Dante mentionne Farinata degli Uberti parmi les Florentins « ch’a ben far puoser li ‘ngegni » [2]« […] qui savent comment faire le bien » (Enfer VI, 81)., c’est-à-dire comme quelqu’un qui sut agir à bon escient pour faire le bien. Dante, qui était connu pour être un Guelfe, distinguait le jugement politique de la grande estime pour cet homme qui sauva Florence d’une destruction certaine à l’occasion de la diète d’Empoli [3]« LXXXI Come i Ghibellini di Toscana ordinarono di disfare la città di Firenze, e come messer Farinata degli Uberti la difese.  Per lo simile modo ch’uscirono i Guelfi di Firenze, così feciono quegli di Prato, e di Pistoia, e di Volterra, e di Samminiato, e di San Gimignano, e di più altre terre e castella di Toscana, le quali tornarono tutte a parte ghibellina, se non fu la … Poursuivre. Tout en le condamnant aux peines de l’Enfer pour son péché d’incroyance [4]Dans l’Enfer, Farinata fait partie du groupe des hérétiques., il a laissé un exceptionnel portrait de lui (Enfer, X, 22 et vers suivants). De plus, Farinata est l’une des trois personnes présentes en Enfer auxquelles Dante s’adresse en les vouvoyant, signe de grande estime de la part du poète (les deux autres à avoir bénéficié de ce traitement de faveur sont Cavalcante Cavalcanti et Brunetto Latini). C’est dans le dialogue qu’il a avec lui dans l’Enfer que Dante, répondant à Farinata qui vient de l’interroger quant aux raison de la haine persistante des autorités florentines à son égard, lui assène la vérité : Florence ne pardonne pas à Farinata d’avoir fait couler le sang florentin à la bataille de Montaperti aucours de laquelle « le massacre et l’horreur […] teignirent de rouge le cours de l’Arbia » [5]Ond’io a lui : « Lo strazio e ‘l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio » Je répondis : « Le massacre et l’horreur qui teignirent de rouge le cours de l’Arbia font faire cette oraison à notre temple. »). Dante, La Divine Comédie (éd. sous la direction de Carlo Ossola, traduction de Jacqueline Risset), … Poursuivre.

Notes

Notes
1 Luca AZZETTA, « Inferno canto X. Politica e poesia tra le arche degli eretici, » dans Enrico MALATO et Andrea MAZZUCCHI (dir.), Lectura Dantis Romana, Cento canti per cento anni, I. Inferno, 1. Canti I-XVII, Rome, Salerno ed., 2013, pp. 311-342.
2 « […] qui savent comment faire le bien » (Enfer VI, 81).
3 « LXXXI Come i Ghibellini di Toscana ordinarono di disfare la città di Firenze, e come messer Farinata degli Uberti la difese. 

Per lo simile modo ch’uscirono i Guelfi di Firenze, così feciono quegli di Prato, e di Pistoia, e di Volterra, e di Samminiato, e di San Gimignano, e di più altre terre e castella di Toscana, le quali tornarono tutte a parte ghibellina, se non fu la città di Lucca, la quale si tenne a parte guelfa uno tempo, e fu rifuggio de’ Guelfi di Firenze, e degli altri usciti di Toscana. I quali Guelfi di Firenze feciono loro istanza in Lucca in borgo intorno a San Friano; e la loggia dinanzi a San Friano feciono i Fiorentini. E ritrovandosi i Fiorentini in quello luogo, messer Tegghiaio Aldobrandi veggendo lo Spedito che nel consiglio gli avea detta villania, e che si cercasse le brache, s’alzò e trassesi de’ caviglioni V fiorini d’oro ch’avea, e mostrogli allo Spedito che di Firenze era uscito assai povero; disse per rimproccio: «Vedi com’io ho conce le brache? A questo hai tu condotto te e me e gli altri per la tua audacia e superbia signoria». Lo Spedito rispuose: «E voi perché·cci credavate?». Avemo di queste piccole e vili parole fatta menzione per assempro che niuno cittadino, e massimamente i popolani o di piccolo affare, quando ha signoria non dee essere troppo ardito o prosuntuoso. In questo tempo i Pisani, e’ Sanesi, e gli Aretini col detto conte Giordano e cogli altri caporali ghibellini di Toscana ordinaro di fare parlamento a Empoli, per riformare lo stato di parte ghibellina in Toscana, e fare taglia; e così feciono. E però che al conte Giordano convenia tornare in Puglia al re Manfredi, per mandato del detto Manfredi fue ordinato suo vicario generale e capitano di guerra in Toscana il conte Guido Novello de’ conti Guidi di Casentino e di Modigliana, il quale per parte disertò il conte Simone suo fratello, e ’l conte Guido Guerra suo consorto, e tutti quegli del suo lato che teneano parte guelfa; e disposto era al tutto di cacciarne chi Guelfo fosse di Toscana. E nel detto parlamento tutte le città vicine, e’ conti Guidi, e’ conti Alberti, e que’ da Santa Fiore, e gli Ubaldini, e tutti i baroni d’intorno propuosono e furono in concordia, per lo migliore di parte ghibellina, di disfare al tutto la città di Firenze, e di recarla a borgora, acciò che mai di suo stato non fosse rinnomo, fama, né podere. A la quale proposta si levò e contradisse il valente e savio cavaliere messer Farinata degli Uberti, e nella sua diceria propuose gli antichi due grossi proverbi che dicono: «Com’asino sape, così minuzza rape» e «Vassi capra zoppa, se ’l lupo no·lla ’ntoppa»; e questi due proverbi rinestò in uno, dicendo. «Com’asino sape, sì va capra zoppa; così minuzza rape, se ’l lupo no·lla ’ntoppa»; recando poi con savie parole assempro e comparazioni sopra il grosso proverbio, com’era follia di ciò parlare, e come gran pericolo e danno ne potea avenire; e s’altri ch’egli non fosse, mentre ch’egli avesse vita in corpo, colla spada in mano la difenderebbe. Veggendo ciò il conte Giordano, e l’uomo, e della autoritade ch’era messer Farinata, e il suo gran seguito, e come parte ghibellina se ne potea partire e avere discordia, sì·ssi rimase, e intesono ad altro; sicché per uno buono uomo cittadino scampò la nostra città di Firenze da tanta furia, distruggimento, ruina. Ma poi il detto popolo di Firenze ne fu ingrato, male conoscente contra il detto messer Farinata, e sua progenia e lignaggio, come innanzi faremo menzione; ma per la sconoscenza dello ingrato popolo, nondimeno è da commendare e da·ffare notabile memoria del virtudioso e buono cittadino, che fece a guisa del buono antico Cammillo di Roma, come racconta Valerio, e Tito Livio. » Giovanni VILLANI, Nuova Cronica [1348], 8, IX, mise en ligne : https://it.m.wikisource.org/wiki/Nuova_Cronica/Libro_ottavo

4 Dans l’Enfer, Farinata fait partie du groupe des hérétiques.
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Ond’io a lui : « Lo strazio e ‘l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio »

Je répondis : « Le massacre et l’horreur qui teignirent de rouge le cours de l’Arbia font faire cette oraison à notre temple. »).

Dante, La Divine Comédie (éd. sous la direction de Carlo Ossola, traduction de Jacqueline Risset), Paris, Gallimard (Bibliothèque de la Pléiade), 2021.